Pioniere del giornalismo televisivo, regista per il cinema, il teatro e la tv, Ugo Gregoretti era uomo di spirito e arguto ricercatore. Del suo percorso artistico diceva: «La mia fortuna è che mi piace saltabeccare qua e là pur di lavorare sempre».
È morto oggi, 5 luglio, nella sua casa di Roma, Ugo Gregoretti, tra i protagonisti più significativi della cultura italiana del Novecento. Classe 1930, in 60 anni di carriera ha sempre mostrato una grande versatilità che gli ha permesso, negli anni, di passare da un genere all’altro conservando sempre quell’autenticità e quella libertà di pensiero che in più occasioni hanno sollevato polemiche, come nel caso dello sceneggiato Il circolo Pickwick (1968).
«La televisione è stata per me quel che è la membrana di un tamburo per una palla: dalla tv sono saltato al cinema, alla prosa, all’opera, sempre ricordandomi da dove ero partito».
Il rapporto con la Rai
Un personaggio atipico nel panorama culturale, a tratti, scomodo: non a caso, il suo rapporto con la Rai è stato sempre abbastanza controverso tanto che lo stesso Gregoretti, in un’intervista di qualche anno fa, aveva dichiarato: «Mi hanno boicottato persino un documentario da me realizzato negli anni di Tangentopoli. Utilizzavo come veicolo narrativo un ipotetico "conto" di Montecristo con un'operazione molto sofisticata. Ma quando il documentario fu terminato, il direttore che me lo aveva commissionato se ne andò. E il suo successore lo mandò in onda ad orari impossibili».
Gli anni allo Stabile di Torino
Dal 1985 al 1989 Ugo Gregoretti ha diretto il Teatro Stabile di Torino: il suo spettacolo d’esordio fu I figli di Iorio, versione satirica della tragedia di Gabriele d’Annunzio, adattata da Eduardo Scarpetta. Nella stagione 1988-89, Walter Chiari venne chiamato ad interpretare Re Ubù di Jarry con la regia di Gregoretti e Franco Gervasio, ma il grande comico diede forfait alla vigilia del debutto e il personaggio del Padre Ubù fu interpretato dallo stesso Gregoretti a Torino e in tournée.
Nel 1987-88 fu programmato al Carignano Le Miserie ‘d monssù Travèt, che aveva come protagonista Paolo Bonacelli, un attore non piemontese che, per prepararsi alla parte, fu costretto a studiare con un ripetitore di dialetto. Tale scelta registica scatenò una sommossa popolare: i puristi – e soprattutto gli attori di matrice piemontese - insorsero, suscitando una bagarre senza precedenti.
Nel 2006 è stata pubblicata la sua autobiografia dal titolo La storia sono io (con finale aperto), un testo che Gregoretti ha scritto sotto forma di sceneggiatura con l’intento di farne un film interpretato da lui stesso: il volume è stato nuovamente stampato nel 2012, ma il progetto cinematografico non è mai stato realizzato.